Stranieri
come noi
Chi è
lo straniero? Cosa significa essere diversi? Che rapporto c’è tra le varie
culture?
I ragazzi di 3^A riflettono su un tema fondamentale per la società di domani
Ogni popolo tende a considerarsi al centro del mondo, ad esempio se ci trovassimo in Giappone le cartine geografiche rappresenterebbero la nazione al centro del mondo. Questo fenomeno è presente in ogni paese, ma in realtà non esiste un centro, siamo noi che, a seconda di dove ci troviamo, ci sentiamo al centro della Terra.
Se
stiamo nella posizione che tutto gira intorno a noi, quando incontriamo persone
diverse da noi o da quelle che siamo abituati a frequentare, diventiamo
sospettosi e tendiamo a considerare quelle persone come degli stranieri. Ma chi
è lo straniero? Secondo me, lo straniero è non solo qualcuno che magari ha dei
tratti somatici diversi dai nostri, ma anche qualcuno di estraneo (un nuovo
compagno di classe, un individuo un po’ tenebroso che non conosciamo…) che
temiamo proprio perché non lo conosciamo e rispetto al quale, di conseguenza,
vogliamo sentirci superiori, così che ci rassicura farlo sentire come un
“agnellino” smarrito di fronte a un ambiente del tutto nuovo, mentre noi ci
sentiamo invincibili e intoccabili, perché siamo nel “nostro” territorio.
Bisognerebbe
imparare a non generalizzare, a non lasciare troppo spazio alla paura, per
esempio non giudicare male tutti gli “stranieri” sulla base di pochi che si
comportano male: forse che tutti gli Italiani sono mafiosi solo perché in
Italia c’è la mafia? Non ci farebbe molto piacere, non trovate?
Il
timore va controbilanciato con la curiosità di conoscere qualcuno che pensa e
sa cose diverse; le differenze sono spesso da apprezzare, lo proviamo ogni
giorno anche nelle cose più piccole e banali. Allora ha senso sentirsi
superiori a qualcuno di diverso o viceversa? No, non ha senso perché è normale
che un veronese sia diverso da un vicentino, così come un palermitano da un
messinese. In realtà siamo tutti diversi, ma siamo anche tutti fratelli, siamo
tutti stranieri, ma nessuno è straniero perché siamo tutti dello stesso
pianeta.
Il
razzismo, cioè ogni forma di violenza verso chi è diverso, non è altro che la
conseguenza estrema di un approccio negativo alla realtà, fatto solo di timore.
Tra le forme di razzismo più conosciute c’è quella verso i neri del
Mississippi, ai tempi del KKK (Ku Klux Klan), una setta di bianchi incappucciati
che uccidevano i neri con riti atroci e bruciavano tutti i loro averi (casa,
bestiame…). Altrettanto conosciuta è la persecuzione contro gli Ebrei,
praticata da parte dei nazisti di Hitler al tempo della Seconda guerra mondiale.
Per
sconfiggere il razzismo bisognerebbe mettersi nei panni di chi soffre perché è
perseguitato, ciò aiuterebbe a capire la sua pericolosità, che genera odio e
violenza tra le persone. E’ perciò importante non cedere all’istinto
razzista, fare prevalere l’accoglienza e la curiosità (cose diverse dalla
semplice tolleranza), perché ogni persona “ha un mondo dentro”, così come
questa Terra che ci accoglie tutti, così tonda, che ovunque tu sia sei sempre
“al centro”.
A
mio parere, i metodi più brutali per “civilizzare” un popolo sono imporgli
una nuova religione (perché ogni popolo deve essere libero di credere a ciò
che gli pare), disprezzare i suoi modi di vivere (perché ognuno è libero di
vivere come vuole), cancellare le sue tradizioni culturali e imporre le proprie
(perché ogni popolo ha una sua tradizione che viene tramandata da generazioni e
generazioni e non si dovrebbe privarlo di tutto ciò perché questa è la sua
ricchezza).
La
parola “straniero” può essere intesa come “non italiano”, infatti mi fa
pensare agli altri popoli che parlano lingue diverse e si comportano in modo
diverso da me e dai miei coetanei, ma nient’altro. Invece, quando la parola
“straniero” è intesa come “una persona che è o che viene considerata
estranea”, mi fa pensare a quei popoli che venivano e vengono tutt’ora
considerati come esseri inferiori o anche ai nostri coetanei che, per esempio,
durante una partita di calcio vengono picchiati da persone della squadra
avversaria che pure parlano la loro stessa lingua. Secondo me tutti siamo
“cittadini del mondo” e dobbiamo volerci bene e rispettarci allo stesso
modo.
Noi
bianchi tendiamo ad identificare l’uomo nero come il “nostro diverso” a
causa del colore della sua pelle, della sua cultura, delle sue credenze
religiose. Nel corso della storia gli Europei si sono sentiti superiori ai
popoli diversi da loro e questa forma di razzismo ha provocato milioni di morti.
A
mio parere il “razzismo” equivale ad inciviltà, stupidità, ma soprattutto
ignoranza. Infatti si possono trovare grandi diversità anche all’interno di
uno stesso Paese: ad esempio in Italia sono tante le tradizioni popolari e i
dialetti che caratterizzano ogni singola regione e noi settentrionali ci siamo
spesso considerati “superiori” ai meridionali, prendendoli in giro con il
nome di “terroni”; anche questa è una forma di razzismo tra nord e sud. Ma
allora anche un tedesco potrebbe sentirsi superiore a noi, come a sua volta un
norvegese rispetto ad un tedesco. E’ chiaro che in questo modo diventa
un’interminabile reazione a catena! Del resto anche i Veneti possono
considerare diversi i Lombardi o, addirittura, i Veronesi possono essere in
contrasto con i Veneziani.
Secondo
me, in conclusione, non c’è fine alla diversità, quindi dovremmo rivedere le
nostre idee per evitare di cadere nel rischio del razzismo.
A
volte mi capita di sentire al TG notizie che parlano di cronache terribili, come
l’episodio di S.Felice Extra dove un uomo (che non era uno straniero, ma uno
di noi) ha ucciso tutta la sua famiglia. Di questo fatto si parla senza
cattiveria, ci si chiede come ha fatto a commettere una cosa così grave, forse
aveva problemi familiari o economici. Così pure se un italiano violenta una
ragazza, la notizia viene detta, ma ce ne dimentichiamo velocemente, se invece a
commettere questo reato è uno straniero (albanese, rumeno…), notiamo che la
notizia fa più scalpore: la televisione ne parla molto di più e si puntualizza
che quasi sempre sono gli stranieri a commettere queste atrocità.
Io
penso che le persone straniere siano come noi: ce ne sono di buone e di cattive,
di educate e di maleducate, bisogna provare a mettersi nei loro panni. Se io
dovessi partire e trasferirmi per qualche motivo, anche io diventerei straniera
in questo nuovo paese che non mi conosce. E se mi chiedessero da dove vengo,
direi orgogliosa “dall’Italia”. Come mi sentirei se mi dicessero: “Ah,
Italia, mafiosi!”. E’ evidente che non tutti in Italia sono mafiosi perché
ci sono molte più persone oneste e buone.
Appena
ho letto sulla nostra antologia il testo “Stranieri come noi” di Vittorio
Zucconi, ho riflettuto molto su quello che c’era scritto perché questo brano
ci costringe a riflettere. Io mi faccio spesso influenzare da quello che dicono
i miei amici e faccio molta fatica ad esprimere un’idea su questo argomento.
Io penso, ad esempio, che come loro hanno tanto da imparare da noi, così anche
noi abbiamo qualcosa da imparare da loro.
In
Italia ci sono molti immigrati ed è forse per questo che la maggior parte della
gente disprezza gli altri popoli, ma secondo me la gente non capisce veramente
le ragioni dell’emigrazione. I miei genitori non sono razzisti e mia mamma
soprattutto mi racconta spesso che lei, quando era bambina, è dovuta andare via
dalla Svizzera e venire in Italia perché mio nonno non aveva lavoro. E’
evidente che spesso le persone vengono qua perché nel loro paese non hanno da
mangiare, quindi per guadagnarsi da vivere devono spostarsi.
Sicuramente
ci sono anche persone che vengono in Italia per commettere dei reati e questo
non va bene perché allora abbiamo ragione a dire “Ritornatene al tuo
paese”. Il razzismo è quando una persona si sente superiore ad un’altra e
questo a volte succede anche a me. Io mi sento superiore ad un popolo diverso
che viene ad abitare nel mio paese perché so che deve rispettare le regole che
ci sono qua e difatti mi dà molto fastidio quando qualcuno viene in Italia solo
per fare del male agli altri.
In
conclusione però io penso che, quando ci sentiamo superiori ad altri popoli,
dovremmo cominciare a renderci conto che se per caso fossimo nati noi in un
paese povero, saremmo stati costretti ad emigrare per avere una vita migliore.
Perciò ritengo sbagliato “chiudere le porte” per non far entrare gente di
altri popoli: bisogna accogliere tutti anche perché da popoli diversi da noi si
può imparare qualcosa.