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La guerra di un soldatino

 Dopo la partenza dei genitori ero rimasto solo nella casa sperduta per un altro lungo e noioso fine settimana. Mi avviai molto stanco verso la mia stanza; quando arrivai di fronte alla porta vidi dei piccoli buchetti e delle macchie grigie  sullo stipite vicino alla maniglia. Tutto ciò era molto strano, infatti l’ultima volta che l’avevo vista era completamente intatta ed il suo colore marroncino risplendeva ai raggi del sole. Ora, invece era di un marrone scuro mescolato con un…i miei pensieri sbloccarono all’udire il chiaro rumore di un oggetto caduto sulla mia scrivania. Non poteva essere caduto, non c’era nessuno nella stanza. Terrorizzato aprii lentamente la porta, il forte scricchiolio mi irrigidì da capo a piedi; entrai, ma non vidi niente di strano, solamente un libro chiuso sulla mia scrivania. Che sciocco, pensai, nessuno era in casa: solamente io.

Presi il libro e lo aprii ad un pagina a caso; ne lessi alcune righe “La II Guerra Mondiale, scoppiata nel 1940…”. Che strano, era il capitolo della storia che preferivo, lo capovolsi e ne lessi il titolo “Tutto Storia - libro n° 5”. Perplesso dallo stupore, lo riposi sullo scaffale insieme a tutti gli altri miei libri.

Mentre lo riponevo, sentii uno strano formicolio ai piedi, mi accorsi che non riuscivo più a impugnare una matita: era troppo grande; mi venne un dubbio, mentre la matita diventava sempre più grande, a tal punto che la lasciai cadere: era la matita che stava crescendo di volume o io che rimpicciolivo?

Dopo un minuto di panico mi accorsi che ero diventato piccolo come un topolino, spaventato mi girai e vidi tutti i miei soldatini della Seconda Guerra Mondiale che mi fissavano; uno di loro, che aveva delle medaglie sul petto, mi porse un casco da pilota e mi disse urlando: - Preparati alla guerra, soldato, conosci il tuo obiettivo, buona fortuna!

Detto questo, si avviò verso ovest. Guardando da quella parte, scorsi un accampamento di truppe tedesche che puntavano i loro fucili verso di me. Io, cercando un riparo dove nascondermi, vidi un aereo di colore verde oliva munito di mitragliatore, mi ci nascosi dentro frettolosamente. Una volta dentro mi accorsi di sapere esattamente come pilotarlo, così lo accesi e presi quota. Mentre salivo, vidi l’accampamento nazista con attorno e all’interno dei piccoli puntini che correvano, sparavano e cadevano privi di vita.

Continuai a salire; ad un certo punto sentii lo sparo di alcuni mitragliatori, mi alzai ancora di più e vidi un gruppo di aerei che si sparavano a vicenda, ce n’erano alcuni di colore verde oliva, come il mio, che combattevano contro degli altri grigi. Prima di unirmi a loro li guardai combattere per qualche minuto, lo spettacolo era orribile; nonostante il fatto che gli aerei come il mio stessero perdendo, non mi piaceva vedere degli aerei colpiti che cadevano ed esplodevano. Solamente al pensiero che dentro c’erano degli uomini, o meglio, dei giocattoli, mi veniva da piangere. Riluttante iniziai a sparare a degli aerei grigi, riuscii ad abbatterne quattro abbastanza facilmente, il quinto con molta fatica, infatti lo dovetti inseguire per circa due chilometri.

Tra aspri combattimenti, inseguimenti mozzafiato e il rumore degli spari non mi ero accorto che stavo volando intorno all’accampamento nazista e che i soldatini al suo interno, naturalmente miei nemici, mi stavano sparando con la contraerea. Io cercai di schivarli, ma mi colpirono all’ala destra e precipitai verso il legno della mia scrivania. Sentivo l’aria che colpiva il vetro: preso dal panico ruppi il vetro e balzai fuori dall’aereo, caddi sul pavimento sbattendo la testa e svenni.

Al mio risveglio avevo la testa fasciata, mi misi seduto, ancora molto debole, e mi accorsi che c’era il generale che, fissandomi, mi disse: - Sei stato di grande aiuto, soldato.

A quel punto iniziò a rimpicciolire e dopo un minuto ero tornato alle dimensioni normali. Guardai il soldatino, prima respirava ed ora era lì, immobile, che mi guardava col braccio destro alzato verso di me ed un fazzoletto rosso al collo. Mi toccai il collo e mi accorsi di avere anche io un fazzoletto, me lo tolsi e lo riposi sul comodino.

Mi distesi sul letto e, ripensando agli imprevisti affrontati e al coraggio dimostrato, mi sentii improvvisamente adulto.

Marco

Numero 2
maggio 2005