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Ravenna: un mosaico di capolavori

Il nostro viaggio nella città dei mosaici comincia in uno dei tanti chiostri della città, attiguo alla chiesa di San Vitale che visiteremo subito dopo. La nostra guida inizia a spiegarci la situazione politica della città alla caduta dell’impero romano.

Curiosa l’origine della definizione “giulianei” dei mattoni di questa stupenda chiesa. I mattoni (e la chiesa) furono fatti costruire da Giuliano, “l’argentero”, ossia il banchiere, probabilmente un emissario di Giustiniano che per mostrare la  sua potenza ne finanziò la  costruzione. L’esterno, come quello di tutte le altre chiese bizantine di Ravenna, è umile e spoglio perché l’architettura sacra doveva essere come l’anima: più bella del corpo. Infatti l’interno è a dir poco maestoso: una chiesa con colonne che sembrano alberi di pietra e un’abside che pare un cielo d’oro.

Ogni immagine racchiude un segno e una storia: basta che il Signore abbia la barba o no e cambia tutto (se c’è, rispecchia la Sua umanità, se non c’è la Sua divinità). Fra gli alberi di pietra rivivono anche animali, quelli che popolavano la vicina pineta di Ravenna. Ai lati dell’abside ci sono varie rappresentazioni dell’imperatore e della sua corte; sul mantello dell’imperatrice  Teodora ci sono i Re Magi, per zittire le voci del tempo che la volevano eretica. Sull’arco trionfale dell’abside c’è Gesù con i dodici apostoli e Gervasio e Protasio, i figli di San Vitale. La cupola è invece l’unica parte non medievale; infatti risale al 1700.

Vicino alla chiesa c’è il mausoleo di Galla Placidia che era sorella di Giustiniano e madre di Valentiniano, futuro imperatore del tempo. A Ravenna fa costruire una chiesa dedicata a S. Giovanni che l’aveva protetta da una tempesta. Morì a Roma e fu seppellita nella tomba che si era fatta costruire in vita. La tomba all’interno ha una raffigurazione di Gesù Buon Pastore e un martirio di S. Gerolamo che va alla graticola da solo; infatti nelle chiese di Ravenna non ci sono carnefici. Il soffitto invece è un cielo stellato che sembra voler dare a questo stretto luogo uno scorcio d’infinito. Ai fianchi del vuoto sepolcro di Galla Placidia ci sono i sarcofagi dove furono deposti il secondo marito Costanzo e il figlio Valentiniano.

Dopo un po’ di strada arriviamo alla Basilica Ursiana dove possiamo ammirare il Battistero Neoniano, uno dei più grandi e antichi d’Europa. Dopo questa breve visita ne facciamo un’altra, altrettanto breve, al Museo lì vicino, dove sono conservati vari reperti tra i quali il più significativo è senza dubbio la Cattedra del vescovo Massimiliano: un trono d’avorio sul davanti del quale è rappresentato il pavone, simbolo d’eternità.

La chiesa di S. Apollinare Nuovo era invece una chiesa ariana (ossia di una delle prime eresie che ebbe il proprio fondatore in Ario, un sacerdote di Alessandria d’Egitto). Costruita al tempo della dominazione gota a Ravenna, fu poi “bonificata” dalle impurità religiose e politiche. I segni di quello che c’era, si scorgono ancora: mani e braccia che spuntano da tendaggi che coprono i loro proprietari. I mosaici sono distinti in due parti (teorie): dei santi e delle sante. I santi, a destra, sono 26,  “sorretti” dai dodici apostoli; li sovrastano 26 scene della vita di Gesù. Le sante sono 23, più i Re Magi. Per il resto è come la teoria dei santi che termina con Gesù benedicente e i quattro arcangeli; quella delle sante con la Madonna in trono con il Bambin Gesù e i quattro arcangeli. 

Dopo uno sguardo alla tomba di Dante, andiamo in autobus a S. Apollinare in Classe dove l’elemento che colpisce di più sono gli  stupendi sarcofagi e il magnifico abside. La gita termina qui e tornare a casa è come fare un salto di 15 secoli.

Mattia M. 2D

Numero 2
maggio 2005