cia Home page
giornalino

Anno 9°
A.s. 2003-04

Numero 1
dicembre 2003

Numero 2
marzo 2004

Numero 3
maggio 2004

Anno 10°
A.s. 2004-05

Numero 1
gennaio 2005

Numero 2
maggio 2005

Anno 11°   A.s  2005-06

Numero 1 gennaio 2006

Numero 2
maggio  2006

Le giornate sulla neve

Quattro giorni a San Valentino per imparare a sciare

 Ormai era troppo tardi per ripensarci ed eravamo già a metà strada con il pullman; avevo un po’ di fifa. Vi immaginate? Vado là per divertirmi e torno in sedia a rotelle.

Arrivati in un bellissimo posto, di nome S.Valentino, in mezzo alle montagne, dopo aver infilato gli scarponi (scomodissimi: sembrava di stare con i piedi nel cemento a presa rapida), ci divisero in gruppi. Il nostro maestro si chiamava Paolo e la cosa che di lui non mi piaceva era che teneva sempre in bocca una cicca: se la fumava mentre salivamo sul “tapier roulant” e, arrivati in cima, la buttava nella neve; poi, quando scendevamo, ne accendeva un’altra e così via.

Sul “tapier roulant” si stava tranquilli, almeno finché il quarto giorno non iniziò a nevicare: quello fu un vero guaio perché sul “tapier roulant” c’erano dei pezzetti di gomma che dovevano servire per non scivolare, solo che, quando nevica, la neve si posa anche sulla gomma e allora, invece di salire e andare avanti, si scivolava all’indietro. Un giorno è capitato anche a me. Ero lì tranquillo che salivo quando mi sembrò di rallentare finché non mi fermai del tutto ed incominciai ad andare indietro; fortunatamente dietro di me c’era un mio amico che mi fermò e, grazie a lui, ripresi ad andare avanti, pensai: “Meno male! Fine del pericolo”. Fine un corno, anzi! Proprio in quel momento vidi Veronica che stava andando all’indietro sul “tapier roulant”, minimo minimo ai 40 km/h. Immaginatevi voi: aspettare, senza poter fare niente, la morte che ti viene incontro. Tirai un urlo che avrebbe potuto provocare una valanga, l’impatto era inevitabile. Lei mi venne addosso e andammo giù in due, addosso ad altre due persone. A quel punto mi dissi: “Adesso basta!”. Feci un eroico salto fuori dal “tapier roulant”: salvo finalmente.

Nel pomeriggio, dopo mangiato, salimmo sulla seggiovia, due per volta: io ero con il mio amico Francesco. Quando ci sedemmo, bisognava tirare giù un ferro di protezione: mentre lo tiravamo giù, mi si incastrò una racchetta, così che ero tutto “incagliato”. Io e Francesco ce la stavamo facendo nei pantaloni perché soffrivamo di vertigini tutti e due.

Arrivati in cima, iniziammo a scendere; andò tutto bene per fortuna. Una volta scesi, consegnammo gli sci a delle persone che li immagazzinarono in una casetta con sopra scritto a lettere cubitali: “NOLEGGIO SCI”.

Tolti gli scarponi e messi finalmente i doposci, mi sembrava di essere scalzo. Salimmo sul pullman e ritornammo a casa felicemente stanchi. 

Luca T.

 

La mattina del 10 febbraio ero felice ed emozionato, dato che stavo per partire alla conquista delle nevi. Beh, in realtà stavo per andare a sciare e siccome era la prima volta che indossavo gli sci fu una vera e propria catastrofe. Sono caduto all’incirca venti volte e mi sentivo ridicolo, infatti ero solo nella pista baby e mi si gelò il sangue quando sentii che saremmo andati anche sulla pista rossa.

Finito il primo giorno di sci, che era stato molto difficile, andai dal mio migliore amico Marco, gli chiesi come fosse stato per lui sciare per la prima volta e mi rispose che era stata una cosa fantastica ed entusiasmante, però quante cadute… A quel punto capii di non essere l’unico ad essere caduto molte volte, dato che anche lui si batteva per la “classifica delle cadute”.

La seconda giornata di sci fu bellissima perché imparai a sciare, per modo di dire, e non caddi nemmeno una volta, sembrava un miracolo. Devo dire che la cosa più brutta di quei giorni è stato il “tapis roulant”: ogni tanto si bloccava facendoti cadere, era molto difficile restare in piedi, bisognava essere degli equilibristi, ma quando arrivavo in cima ricominciavo a scendere molto velocemente, tanto che sembravo un razzo, magari non proprio così, però andavo molto veloce.

Purtroppo bisognava indossare il caschetto perché eravamo minori di 14 anni e dava molto fastidio, ma per il resto era tutto bellissimo. Stava arrivando il terzo giorno ed io avevo molta paura: saremmo andati sulla pista rossa.

Arrivati a San Valentino, ci fecero fare degli esercizi sulla pista baby; ad un certo punto l’istruttore cambiò strada e si diresse verso la seggiovia. Io urlai: “Adesso mi uccido!”. Giunti vicino alla seggiovia, fece salire me ed il mio amico Marco. All’inizio fu difficile mettere gli sci sull’appoggiapiedi, ma alla fine ci riuscii. Dopo poco cominciai ad intravedere l’arrivo. Quando dovemmo scendere, io e Marco cademmo come due patate e l’istruttore ci aiutò a rialzarci.

Quando alzai lo sguardo, vidi davanti a me una pista piuttosto ripida che faceva venire i brividi solo a guardarla. Pensai che avrei dovuto percorrerla tutta insieme ai miei compagni di gruppo e per fortuna ogni tanto l’istruttore si fermava, altrimenti non credo che sarei ancora intero.

L’unica soluzione sarebbe stata buttarmi per terra e rotolare fino alla fine, ma non credo che l’istruttore sarebbe stato contento di questo. Allora continuai a scendere, anche se cadendo molte volte. Arrivato alla fine, per farmi uno scherzo, l’istruttore mi disse che dovevamo ripercorrere tutta la pista, io presi un grande spavento, ma poi mi rassicurò che era uno scherzo.

L’ultimo giorno fu il più brutto: restai a casa con la febbre molto alta, non riuscivo quasi ad alzarmi dal letto e mia mamma mi disse per consolarmi: “Almeno domani non dovrai andare a scuola!” e io le risposi che ero felice.

Questa esperienza è stata veramente molto bella e sono contento anche perché ho quasi imparato a sciare. Ancora oggi rimpiango di non aver potuto partecipare al quarto giorno; chissà, magari avrei imparato qualcosa in più, ma sono contento ugualmente.

Mirko T.

Numero 2
maggio 2005